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Monday 25 June 2012

Notte d'estate


Salgo le scale facendo attenzione a non fare
rumore... Sono di ritorno dalla
vacanza che tanto avevo agognato: "finalmente!"
pensavo una settimana fa prima di partire, ma ora è già passata...

Va be', così va la vita, almeno una buona notizia:
la mia piantina è sopravvissuta alla mia mancanza
(o piuttosto a quella dell'acqua)...


Do uno sguardo fuori dalla finestra e la mia calma
ne rimane confermata: anche il quartiere, avendo
elegantemente sopportato il fatto che io non fossi là, ora si sta
riposando docilmente per rinfrescarsi dall'afa diurna...
                

Bene, bene, anche questo sembra giocare a mio favore...
Forse ha funzionato...

 Entro in cucina e, spostando una sedia,

 

inciampo, sbatto la testa e quando riapro gli occhi il mondo sembra aver cambiato colore (oddio, non è che prima ne avesse così
tanto, di colore; diamo allora che la sfumatura è cambiata)... Ci penso un po' e poi
mi si drizzano i capelli in testa: no, non è il colore, ma la dimensione:
son diventato un puntino e la gamba della sedia mi sovrasta come
se fossi ai piedi della statua della libertà a New York!


Mi chiedo perchè, cambiando di dimensione, vedo le piantine sotto un altro effetto di luce

 

È solo un modo del mio inconscio di porsi una domanda più utile
di quella di come abbiano fatto a rintracciarmi,
ma ormai è inutile: la firma è chiara,
sono loro, ed è anche chiaro che di tempo ne ho pochissimo,
forse son già fregato...
Allora, forse, l'unica carta che mi rimane da giocare è far finta di non essermi
accorto di niente, in maniera tale da guadagnare
momenti preziosi che potrebbero salvarmi questa pellaccia,
che tutt'a un tratto mi incomincia già a puzzare addosso...

Cosa farebbe una persona rientrata a notte inoltrata
dopo essersi recata nella sala da pranzo,
probabilmente per bere un bicchiere d'acqua?
È chiaro, dopo il bicchiere d'acqua, e prima di andare a letto,
bisogna andare in bagno. È lì allora che mi dirigo;
il tempo sembra non passare mai - e ci
credo, con queste gambettine da pupazzo che mi ritrovo...
Mi accorgo che sto sudando, un sudore freddo,
la mia fronte è imperlata di goccioline...
Che faccio? Asciugandomi la fronte rischierei
di attirare la loro attenzione: va bene che è estate,
ma è notte fonda e lo interpreterebbero come un gesto inconsueto...
D'altronde non asciugandomi, la luce, entrando dalle
finestre e riflettendosi sulla mia pelle bagnata,
potrebbe altrettanto destare dei sospetti...

Passo davanti al salotto e lo shock è tremendo:
scorgo nei buchetti delle serrande i loro occhi mimetizzati che, maligni, mi scrutano!


Incomincio a tremare, il cuore prende a battere forte forte,
 è l'orrore di un momento che però deve durare soltanto un attimo:
riafferro, aggrappandocimi disperatemente, le redini lacere del mio
autocontrollo, riprendo il mio passo cercando
di dissimularne la pausa e continuo
a fissare dritto davanti a me - unica possibilità che ho,
far finta di niente, giocando sulla loro crudeltà di divertirsi
con la vittima designata oramai senza scampo.

La prova che ho da passare, l'ultima, 
la prova di passare di fianco all'ultima finestra,
quella del corridoio, prima di raggiungere l'ipotetica salvezza del bagno,
è ancora più tremenda, quanto piú a quei maledetti occhi mi devo avvicinare:



La luce che i loro occhi emanano è più intensa, è rossastra...
Avverto la loro presenza
come quella di insetti schifosi, pelosi
che ti camminino non vicino, ma addosso,
e l'unica cosa da fare
è quella, razionale,
di far finta di non essersene accorti,
onde non destare
la loro capacità di fare male.


Quando richiudo la porta del bagno dietro di me
mi scendono due lacrime grosse, due torrenti,
ma oramai al diavolo tutte le tattiche,
non mi rimane che scappare!

Mi arrampico sull'asciugamani
dal quale riesco, dondolandomi,
ad issarmi
sul bordo del cratere del vulcano:
dalla finestra luce arancione
come sul suolo lunare, 
eccolo, il grande buco nero,
 il fondo di ogni istinto animale.

È il posto in cui nessuno mai vorrebbe finire,
eppur per me la soglia
di una possibile nuova esistenza.

Ancora un po' di esitazione e poi giù:
dopo un breve volo, 


ci sono dentro, fino al collo!


Mi tengo a galla, poi nuoto in una direzione, ma non succede nulla;
allora cambio direzione, ma niente, non raggiungo nulla e no ncapisco;
dopo diversi tentativi mi fermo e cerco di ragionare;
ho freddo, sono confuso, il terrore mi riassale;
 ascolto il mio respiro ansimante fino a quando faccio mente locale: 
allora incomincio a piangere e i miei palmi nudi
sulla liscia superficie liquida
a schiantare:
"Ho dimenticato di tirare l'acqua!
Chi lo spiegerà adesso ai lettori come arrivare in fondo al mare?
Accidenti, una storia da buttare!"

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