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Tuesday 10 February 2015

Il Movimento 5 Stelle e la democrazia digitale

Da diversi anni ormai rappresenta il Movimento 5 Stelle (M5S), nel bene o nel male, la più grande novità sulla scena politica italiana. Uno degli obiettivi, che sicuramente ha contraddistinto questa novità, è stata la volontà di togliere potere a quelle strutture - leggi principalmente i partiti politici - che, diciamo dal secondo dopoguerra in poi, nel corso dei decenni questo potere erano arrivate ad averlo e a gestirlo in substrutture più o meno stabili e trasparenti, per riportalo nelle mani del Cittadino: il famoso "uno vale uno".
Ora, la formazione di una struttura complessa e più o meno stabile di gestione del potere non è una cosa in sé cattiva: alla fin fine è ciò che chiamiamo "società" come contrapposta all'anarchia (contro cui personalmente non avrei nulla in contrario, ma questo discorso mi porterebbe a divagare e qui chiudo la parentesi). Tuttavia, se non dunque nel principio, almeno nella pratica tale slancio idealistico dell'M5S può essere considerato auspicabile, visto che tutte le strutture di potere, dopo un certo periodo, prima o poi mostrano la tendenza a incancrenire, rendendo appunto la società malata (in primis, corruzione).
A ciò va aggiunta la considerazione del particolare momento storico che ci troviamo a vivere, ovvero quello dell'alfabetizzazione digitale, della diffusione di internet praticamente in ogni casa italiana (e soprattutto di uno smartphone nelle tasche di ogni italiano) e dello sviluppo dei cosiddetti "social media": Facebook, Twitter e via dicendo. Tale situazione ha avuto come conseguenza una democratizzazione dell'opinione di ciascuno di noi, visto che ognuno può condividere le proprie idee con un cerchio di persone più ampio rispetto a quello, per esempio, dei tempi della televisione, ove il cittadino medio, che non partecipasse a particolari eventi mediatici, come poteva essere, per esempio, la riunione di un organo di partito, aveva come orizzonte di pubblico massimo quello rappresentato dalla cornice familiare a tavola, dalla clientela in negozio o dal gruppo dei colleghi in ufficio. In una battuta, siamo nella famosa era della democrazia digitale.
Alcuni di noi vedono in ciò, se non un pericolo, almeno uno svantaggio: oltre al fatto che la mole notevole di tale valanga di informazioni a cui siamo sottoposti rischia di per sé di abbassare fortemente il livello delle idee e delle informazioni che riusciamo a ottenere, in questo modo anche le frasi e le proposte più grette ed abiette trovano il modo di propagarsi. Io personalmente preferisco invece l'era di internet a quella della televisione, prima di tutto perché siamo sempre e solo noi stessi a decidere cos'è ciò a cui vogliamo essere sottoposti: non decidere è, infatti, pure una decisione! Inoltre uno potrebbe sempre, per esempio, decidere di non comprarsi lo smartphone, o di non attivarsi un account Facebook, oppure si potrebbe decidere molto semplicemente di spegnere lo smartphone di notte e di non postare mai su Facebook niente che si abbia letto fermandoci soltanto al titolo del testo. Secondo, la mia opinione è, che è meglio, che idee offensive emergano, piuttosto che rimanere incubate in qualche substrato umido della società: dovendo in ogni caso venire fuori, in questo modo abbiamo più possibilità di neutralizzarle, prima che incomincino a procurarci guai seri.    
Detto tutto ciò, vorrei descrivere qui un caso, affinché possa servire come spunto di riflessione, che mi è venuto in mente, ove forse la democrazia digitale, osannata dall'M5S e fin qui da me plaudita, funzionerebbe peggio di ciò che abbiamo oggi in Italia, ovvero la democrazia rappresentativa. Il caso di cui vorrei parlare è l'elezione del Presidente della Repubblica. Molto brevemente, adottando il metodo propugnato dell'M5S, partendo o meno da una lista iniziale di candidati, è molto probabile, anche se non matematicamente certo, che nessun candidato raggiungerebbe la maggioranza (assoluta) dei voti. Come fare allora? Eleggere il candidato di maggioranza relativa? Cos'è allora il Parlamento? È la creazione di un luogo intermedio tra gli elettori e chi detiene il potere, dove i rappresentanti dei cittadini devono confrontare le proprie diverse opinioni e quindi trovare compromessi. I Presidenti della Repubblica, che in questo modo vengono eletti, verrebbero a non essere sempre, necessariamente, la scelta del partito di maggioranza (!), bensì il frutto di un avvicinamento reciproco delle posizioni, inizialmente possibilmente distanti, del più ampio schieramento possibile di forze politiche (ad oggi, leggi partiti). La risposta a chi obietta, che un compromesso potrebbe essere trovato direttamente anche dagli elettori stessi, consiste nel fatto che di sicuro decine di milioni di persone a mettersi d'accordo fanno molta più fatica che un migliaio di persone. In questo modo il modello politico parlamentare è un modus operandi efficiente di creazione e gestione del potere. Tuttavia, chissà che un giorno forse, in un futuro più o meno lontano, avremo sviluppato le nostri capacità mentali a tal punto, da essere in grado di prendere decisioni collettive in un siffatto grande numero di persone senza bisogno di passaggi di intermediazione?