Finalmente
l'avevamo fatto. Al corso dove ci eravamo conosciuti in realtà c'era
anche un'altra donna, allegra, con un seno prospero, spesso un po'
scoperto, che rideva a tutte le mie battute; vedevo che ci capivamo,
e avevo capito che avrei potuto averla, se lo avessi voluto: mi ci
sarei divertito sicuramente un sacco. Ci saremmo divertiti! Lei
invece aveva dei seni appena abbozzati - la qual cosa aveva sempre
per me funzionato da deterrente - la voce a basso volume, incerta,
quasi un sibilo, e un carattere timido, quasi snob ero arrivato a
domandarmi. Opposto al mio, apparentemente. Invece, nonostante tutto
ciò, avevo scelto proprio lei: i suoi capelli scuri, fluenti,
i suoi occhi pure scuri, profondi: era bellissima! Insomma, me ne ero
innamorato! E il farlo insieme era stato veramente, come si dice,
come toccare il cielo con un dito, meraviglioso, un sogno!
Entrambi
precari, eravamo prigionieri di una relazione con dei partner
stranieri la cui nazionalità comune, seppure corrispondente
all'economia più forte del continente (e per questo in grado di
offrirci maggiori probabilità di trovare un lavoro stabile),
tuttavia non era proprio che si addicesse alle nostre anime, per
usare un eufemismo. Il nostro amore rappresentava dunque per noi
almeno un senso di liberazione, se non addirittura di rinascita
promessa.
Cambieremo
vita, cambieremo i nostri lavori, vero? mi chiese lei mentre io le
passavo un dito lungo la silhouette del suo fianco sobrio che
proseguiva nella linea morbida del suo sederino sodo, il cui biancore
si stagliava in contrasto con la pelle abbronzata del resto del
corpo, io mi iscriverò a giornalismo, quello che da così tanto
desideravo di fare, e tu finalmente scriverai il tuo tanto agognato
romanzo! No, è impossibile, tagliai corto io. Lei era avvezza ai
miei scherzi e per un po' perciò non disse nulla, continuò
semplicemente a guardarmi, calma. Poi uno spettro scese lentamente su
di lei e la sua espressione incominciò a rabbuiarsi, i suoi occhi
neri ora lucidi. E perché no? chiese lei sforzandosi di tenere le
labbra ancora più strette per dare l'idea di continuare a sorridere,
ma, in realtà, come sulle giostre ci si tiene più stretti quando
inizia il giro più forte, il giro della morte, cercando solamente di
resistere al colpo che le avrei dato. Ora che ti amo, non posso più
scrivere, confessai.
Lei questo lo sapeva benissimo.
Una lacrima
le corse lungo una guancia. Poi un'altra dall'altro lato. Infine
pianse silenziosamente. Ora mi resta fino alla fine dei mie giorni
per tormentarmi, ma allora non ne provai pietà perché sapevo che
ciò che sarebbe accaduto era necessario, perché così era scritto.
Quando smise di singhiozzare mi misi sopra di lei, le presi i polsi
con le mie mani e le portai le braccia sopra la testa tenendole
inchiodate sul materasso, mentre lei allargava le gambe per farmi
entrare e per avvinghiarle attorno alle mie. Allora sbrigati a fare
quello che devi fare, mi dichiarò a occhi chiusi. Poi, riaprendoli,
guardandomi fisso con un'espressione di infinito amore, io muoio
felice.
Io passai
uno dei suoi polsi sopra l'altro, in modo da tenerli entrambi con una
sola mano, e appoggiai l'altra sul suo collo. Quando incominciai a
stringere, lei richiuse gli occhi. Aveva capito che eravamo lagati per l'eternità e, abbandanandosi a ciò, mi mostrava la prova suprema del suo amore. Per questo so che lei non ha smesso
neanche per un secondo di amarmi, anzi, lei mi ha talmente amato,
fino all'ultimo secondo, che smise volontariamente di respirare,
quasi mi volesse sollevare da quella colpa, conscia che eravamo figli
di un destino più grande di noi.
Strinsi
ancora più forte fino a che non fui sicuro che fosse morta. Lei è
pazzo, proruppe l'ispettore senza volerlo, spontaneamente, una
maschera di disgusto scolpita sul suo volto. Bisogna esserlo,
acconsentii io, se si vuole scendere all'inferno e riportarne in
superficie il romanzo perfetto.
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